sexta-feira, 31 de janeiro de 2014

Mulher é obrigada a cuidar de marido doente na Itália

A mulher que casa com um homem doente, incapaz de cuidar de si sozinho, tem o dever de tomar conta do marido, decidiu a Corte de Cassação da Itália. O tribunal condenou uma mulher que deixou o companheiro sozinho por semanas por abandono de incapaz, crime punido com pena de até cinco anos de cadeia.
A decisão foi tomada no ano passado, mas só foi publicada agora em janeiro. De acordo com os autos, a mulher sabia que o homem com quem se casaria sofria do chamado Mal de Huntington, doença hereditária e degenerativa que afeta o sistema neurológico. Quem sofre de Huntington tem limitações físicas e distúrbios mentais, que só pioram com o tempo, já que a doença não tem cura.
O casamento aconteceu em 2005, contra a vontade do pai do noivo. Segundo a acusação, um tempo depois, a mulher recebeu a pensão destinada ao companheiro e desapareceu. Foram semanas até que ela voltasse. Durante esse tempo, vizinhos chamaram o pai do doente, que assumiu os cuidados do filho.
Para a Corte de Cassação, não há como não enquadrar a mulher no artigo 591 do Código Penal da Itália, que prevê o crime de abandono de incapaz. De acordo com o dispositivo, comete o crime quem tem o dever de cuidar de uma pessoa menor de 14 anos ou incapaz de cuidar de si sozinha, seja por ser doente ou por ser idosa. Relações de parentesco, como paternidade ou casamento, são consideradas agravantes.
Os juízes lembraram que casamento não é só flores. Quem casa assume a obrigação de cuidar do outro, além do dever de fidelidade. Quando um dos cônjuges é doente, portanto, o casamento significa que automaticamente o outro cônjuge se incumbiu do dever de cuidado com o companheiro incapaz.
A decisão foi divulgada pelo escritório de Advocacia Studio Legale Sugamele. Leia abaixo em italiano:
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 12 giugno 2013 – 17 gennaio 2014, n. 2149
Presidente Oldi – Relatore Lignola
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 16 maggio 2012, la Corte d'appello di Palermo confermava la sentenza del 27 settembre 2011 del Tribunale di Palermo, con la quale C.M.R. era condannata per il delitto di cui all'articolo 591 cod. pen., in relazione all'abbandono del marito, L.S.R. , incapace di provvedere a se stesso, perché affetto da "Corea di Huntington", malattia degenerativa che colpisce il sistema nervoso, con l'aggravante dell'aver agito in qualità di coniuge e con la recidiva generica nel quinquennio.
1.1 L'affermazione di responsabilità si fonda essenzialmente sulla denuncia di L.S.G.B. , suocero dell'imputata, confermata dai testi C.M. e V.A. , vicini di casa, nonché sulle ammissioni della stessa imputata nel corso di un lungo ed articolato esame dibattimentale.
2. Contro la decisione della Corte d'appello di Palermo propone ricorso per cassazione l'imputata, con atto redatto dal proprio difensore, avv. Melchiorre Piscitello, affidato a tre motivi:
a) violazione dell'articolo 606 cod. proc. pen., lettere B ed E, in relazione all'art. 591 cod. pen., poiché nel caso concreto non sarebbe emerso né l'elemento oggettivo, né l'elemento soggettivo del reato. Quanto al primo aspetto, si evidenzia che il delitto contestato è un reato di pericolo concreto, che richiede la prova del rischio per l'incolumità della persona offesa, che nel caso di specie non si sarebbe verificato. Quanto al secondo aspetto, dovrebbe escludersi il dolo dell'imputata, poiché il suo allontanamento fu temporaneo e comunque l'assistenza al marito era assicurata dal padre;
b) violazione dell'articolo 606 cod. proc. pen., lettera E, per vizio di motivazione e travisamento della prova, in merito al valore probatorio delle dichiarazioni di L.S.G.B. , la cui attendibilità non è stata verificata dalla Corte d'appello, anche in considerazione del grado di parentela e delle motivazioni personali e familiari che avrebbero potuto inficiare la sua credibilità;
c) violazione dell'articolo 606 cod. proc. pen., lettera E, in relazione all'art. 62 bis cod. pen., in ordine al giudizio di equivalenza delle attenuanti generiche, perché alla luce delle circostanze del fatto e dell'assenza di rischi per l'incolumità del marito e dell'assenza di precedenti penali andava operato un giudizio di prevalenza.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
1.1 Con riguardo ai limiti del sindacato di legittimità, delineati dall'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come vigente a seguito delle modifiche introdotte dalla L. n. 46 del 2006, questa Corte Suprema ritiene che la predetta novella non abbia comportato la possibilità, per il giudice della legittimità, di effettuare un'indagine sul discorso giustificativo della decisione finalizzata a sovrapporre una propria valutazione a quella già effettuata dai giudici di merito, dovendo il giudice della legittimità limitarsi a verificare l'adeguatezza delle considerazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per motivare il suo convincimento. La mancata rispondenza di queste ultime alle acquisizioni processuali può essere dedotta quale motivo di ricorso qualora comporti il c.d. travisamento della prova, purché siano indicate in maniera specifica ed inequivoca le prove che si pretende essere state travisate, nelle forme di volta in volta adeguate alla natura degli atti in considerazione, in modo da rendere possibile la loro lettura senza alcuna necessità di ricerca da parte della Corte, e non ne sia effettuata una monca individuazione od un esame parcellizzato.
1.2 L'illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, poi, deve risultare di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (in tal senso, conservano validità, e meritano di essere tuttora condivise, Sez. U, n. 24 del 24 novembre 1999, Spina, Rv. 214794; Sez. U, n. 12 del 31 maggio 2000 n. 12, Jakani, Rv. 216260; Sez. U, n. 47289 del 24 settembre 2003, Petrella, Rv. 226074). A tal riguardo, devono tuttora escludersi la possibilità di "un'analisi orientata ad esaminare in modo separato ed atomistico i singoli atti, nonché i motivi di ricorso su di essi imperniati ed a fornire risposte circoscritte ai diversi atti ed ai motivi ad essi relativi" (Sez. 6, n. 14624 del 20 marzo 2006, Vecchio, Rv. 233621; Sez. 2, n. 18163 del 22 aprile 2008, Ferdico, Rv. 239789), e la possibilità per il giudice di legittimità di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Sez. 6, n. 27429 del 4 luglio 2006, Lobriglio, Rv. 234559; Sez. 6, n. 25255 del 14 febbraio 2012, Minervini, Rv. 253099).
1.3 Vanno poi ricordati i principi espressi dalla Corte in ordine alla vicendevole integrazione delle sentenze conformi di primo e secondo grado (c.d. doppia conforme) confluenti in un unico risultato organico ed inscindibile: in tutti i casi in cui le due sentenze di primo e secondo grado contengano un'analisi ed una valutazione concorde degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo; discende da ciò che, ai fini della valutazione della congruità del provvedimento impugnato, occorre avere riguardo anche alla sentenza di primo grado (Sez. 1, n. 8868 del 26/06/2000, Sangiorgi, Rv. 216906; Sez. 2, n. 5606 del 10/01/2007, Conversa, Rv. 236181).
2.1 Nel caso di specie non può non rilevarsi che la sentenza di primo grado é motivata in modo molto approfondito in ordine agli elementi del reato: è emerso pacificamente che la persona offesa L.S.R. versava in condizioni di incapacità, per la malattia genetica degenerativa di cui è affetto e della quale l'imputata era informata, ma ciò nonostante ella aveva voluto sposare l'uomo, nel 2005, pur contro la volontà del suocero, che prevedeva il progressivo peggioramento delle sue condizioni di salute, puntualmente verificatosi. Il (OMISSIS) la donna, dopo aver incassato la pensione (ed i relativi arretrati per Euro 12.000), si allontanò dal domicilio, non facendovi ritorno fino al (OMISSIS) .
L'inquadramento giuridico è invero ineccepibile, ricorrendo, nel caso di specie, gli estremi dell'ipotesi delittuosa in questione.
2.2 Quanto all'elemento materiale del reato in contestazione, è indubbio che, nella morfologia della norma, "abbandono" significhi lasciare la persona indifesa in balia di sé stessa, sì da esporla a pericolo per la sua incolumità o per la sua vita. Nell'elaborazione dottrinaria è pacifico, per vero, che la componente del pericolo, ancorché non richiesta espressamente dalla formulazione della norma, sia coessenziale alla sua ratio. La stessa disposizione tutela, infatti, il valore etico-sociale della sicurezza della persona con specifico riferimento, in chiave solidaristica, ai soggetti bisognosi - per età o condizioni fisiche e mentali - della dovuta assistenza, siccome incapaci di provvedere a sé. Il suo oggetto giuridico non è il rispetto dell'obbligo legale di assistenza in sé considerato, quanto piuttosto il pericolo per l'incolumità fisica derivante dal suo inadempimento (Sez. 5, n. 7003 del 19.5.1995, rv. 201797). È indiscussa affermazione di questa Corte regolatrice che, in tema di abbandono di persona incapace, l'elemento materiale è costituito da qualunque azione od omissione contrastante con il dovere giuridico di custodia che grava sul soggetto agente e da cui derivi uno stato di pericolo anche potenziale per l'incolumità dello stesso incapace (Sez. 2, n. 10994 del 06/12/2012 - dep. 08/03/2013, T., Rv. 255172). Corollario di tale enunciazione è che l'interesse giuridico della norma deve ritenersi violato anche quando l'abbandono sia solo relativo e parziale (Sez. 5, n. 15245 del 23/02/2005, Nalesso, Rv. 232158).
Nel caso di specie non può dubitarsi dell'obbligo di custodia in capo alla donna, coniuge convivente della vittima, né della sussistenza dell'elemento materiale del reato, poiché, per quanto si è detto, nella fattispecie vi è stato abbandono nel senso richiesto dalla norma.
La ricorrente contesta il verificarsi di una situazione di pericolo per il marito, poiché ella non ostacolò l'attività assistenziale di altri parenti o familiari, ma va ribadito che la situazione di pericolo richiesta dalla norma è solo potenziale (Sez. 2, n. 10994 del 06/12/2012 - dep. 08/03/2013, T. e altro, Rv. 255172); nella fattispecie concreta esso emerge chiaramente ancora una volta dalla decisione di primo grado, nella parte in cui riporta le deposizioni dei vicini di casa che accudirono nell'immediatezza l'uomo.
2.3 In ordine al dolo, la ricorrente deduce che esso andava escluso, perché l'allontanamento fu solo temporaneo, tanto che ella tornò a casa nel dicembre 2007; oltretutto in un'occasione le fu addirittura impedito il rientro in casa dal suocero e comunque la presenza di altri familiari consentiva alla donna di poter contare ragionevolmente sul loro intervento.
In punto di diritto, ai fini dell'elemento soggettivo del reato, l'art. 571 cod. pen. richiede la consapevolezza di abbandonare a sé stesso il soggetto incapace di provvedere alle proprie esigenze, in una situazione di pericolo per la sua integrità fisica (Sez. 5, n. 15147 del 14/03/2007, Simone, Rv. 236157); il dolo non è escluso dal fatto che chi ha l'obbligo di custodia ritenga il minore in grado di badare a se stesso, per l'aiuto di coetanei a lui legati da vincoli di parentela (Sez. 5, n. 9276 del 08/01/2009, Seferovic, Rv. 243159); la circostanza dell'impossessamento del rateo di pensione e, soprattutto degli arretrati, per Euro 12.000, evidenziata dal giudice di primo grado, costituisce un argomento esauriente, sul piano logico, della sussistenza del dolo.
2.4 In conclusione la Corte territoriale (ed ancor più il giudice di primo grado), in piena consonanza con i principi evocati, ha correttamente e convincentemente sottolineato (con "valutazione squisitamente di merito", perciò stesso non censurabile in Cassazione, giacché adeguatamente motivata) come gli elementi probatori acquisiti non solo conclamassero la sussistenza dell'estremo materiale della fattispecie tipica prefigurata nell'art. 591 c.p., ma consentissero anche di ribadire la sussistenza dell'elemento psicologico correlativo.
3. Il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta la motivazione in ordine all'attendibilità del suocero L.S.G.B. , secondo i noti criteri vigenti per la deposizione della persona offesa, è manifestamente infondato; non solo il teste non è persona offesa, ma la valutazione della sua attendibilità è stata adeguatamente operata dal giudice di primo grado, che peraltro evidenzia come le sue dichiarazioni siano confermate da tutti gli altri testi ed in parte dalla stessa imputata.
4. Inammissibile è il terzo motivo, riguardante il giudizio di equivalenza delle circostanze attenuanti generiche. La prevalenze delle "generiche" sull'aggravante dell'aver agito in qualità di coniuge e sulla recidiva è stata adeguatamente motivata dalla Corte territoriale in relazione all'intensità del dolo, connotata da una ripetuta, ragionata deliberazione di abbandono del marito incapace.
4.1. In proposito va rimarcato che la concessione delle attenuanti generiche, e il connesso giudizio di bilanciamento con le aggravanti, sono statuizioni che l'ordinamento rimette alla discrezionalità del giudice di merito, per cui non vi è margine per il sindacato di legittimità quando la decisione sia motivata in modo conforme alla legge e ai canoni della logica, come appunto nel caso di specie.
5. In conclusione il ricorso dell'imputata va rigettato; al rigetto consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
5.1 Va altresì disposto l'oscuramento dei dati delle parti, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi dell'imputato, a norma dell'art. 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.
Aline Pinheiro é correspondente da revista Consultor Jurídico na Europa.
Revista Consultor Jurídico, 30 de janeiro de 2014

Pesquisa vai mostrar como são tratados os negros no sistema judicial

O Conselho Nacional de Justiça (CNJ) deve fazer uma pesquisa para verificar se os jovens negros, na condição de réus, recebem o mesmo tratamento dispensado aos brancos no sistema judicial. “Os jovens negros muitas vezes enfrentam a impossibilidade de acesso à Justiça”, disse o conselheiro Guilherme Calmon. Além da dificuldade de acesso, o estudo, a ser feito pelo Departamento de Pesquisas Judiciárias (DPJ) do CNJ, vai investigar se os jovens também são discriminados quando acusados de algum delito.
A proposta foi discutida na terça-feira (28/01) pelos representantes das instituições signatárias do Protocolo de Atuação para a Redução de Barreiras de Acesso à Justiça para a Juventude Negra em Situação de Violência, em reunião coordenada pelo conselheiro Guilherme Calmon.
O Protocolo foi assinado em 29 de outubro de 2013 por representantes do CNJ, o Ministério da Justiça, a Procuradoria-Geral da República (PGR), o Conselho Nacional do Ministério Público (CNMP), a Secretaria-Geral da Presidência da República (SG/PR), a Secretaria de Políticas de Promoção da Igualdade Racial (SEPPIR), a Ordem dos Advogados do Brasil (OAB) e o Conselho Nacional de Defensores Públicos Gerais (Condege).
Na reunião desta semana foram definidas as ações a serem executadas por cada um dos órgãos. “Ficou definido o papel de cada instituição, com a atribuição de responsabilidades e definição de prazos”, explicou Douglas Martins, juiz auxiliar da Presidência do CNJ e coordenador do Departamento de Monitoramento e Fiscalização do Sistema Carcerário Nacional do CNJ (DMF/CNJ).

Para Douglas Martins, um passo importante foi a inclusão da questão racial na pauta do Poder Judiciário, com a previsão de realização de seminários e de proposta à Escola Nacional da Magistratura de Formação e Aperfeiçoamento de Magistrados (Enfam) para incluir no currículo de todas as escolas da magistratura matéria sobre discriminação racial.
O CNJ propôs a realização, neste ano, de reuniões com todas as coordenadorias de Infância e Juventude para garantir os direitos dos adolescentes em cumprimento de medida socioeducativa. O conselho defende a prioridade na aplicação de medidas não restritivas de liberdade aos adolescentes que tenham praticado algum ato ilegal.
Já o Conselho Nacional de Defensores Públicos Gerais (Condenge) defendeu a criação de núcleos especializados no combate ao racismo nas defensorias públicas, o fortalecimento da ação da defensoria no caso de prisão de jovens negros e a  ampliação da presença da defensoria nas localidades mais vulneráveis.
 
30/01/2014 - 10:10 | Fonte: CNJ

Tráfico Humano será tema da Campanha da Fraternidade de 2014

Com o tema tema “Fraternidade e Tráfico de Pessoas” e lema “É para a liberdade que Cristo nos libertou, a Campanha da Fraternidade deste ano vai abordar o grave problema do tráico humano.
ADEMAR 290114
Segundo o padre Ademar Oliveira Lins, coordenador diocesano da Ação Evangelizadora da Diocese de Foz do Iguaçu, o objetivo geral da Campanha da Fraternidade é identificar as práticas de tráfico humano em suas várias formas e denunciá-las como violação da dignidade e da liberdade humanas.
 
O padre, responsável pela Paróquia Nossa Senhora da Luz, na Vila "C", falou ao programa CBN Foz Edição da Tarde (14h00 às 17h00), nesta quarta-feira (29).
 
Ele disse que a campanha pretende mobilizar pessoas, já que a Igreja do Brasil está atenta à triste realidade do tráfico humano e suas consequências.
 
O padre Ademar falou também sobre as ações da igreja no tocante à reivindicações ao Governo Federal para que sejam tomadas medidas de enfrentamento a este crime e a implementar políticas públicas de assistência às pessoas escravizadas.

Acompanhe a íntegra da entrevista no áudio abaixo.

CBN Foz

Fonte: CBN, 29/01/2014.

Justiça reverte decisão que absolveu traficante de maconha

Por unanimidade, os desembargadores do Tribunal de Justiça do Distrito Federal (TJ-DF) reverteram nesta quinta-feira a decisão do juiz Frederico Ernesto Cardoso Maciel, do Distrito Federal, que havia absolvido um homem flagrado traficando 52 trouxas de maconha por considerar inconstitucional a proibição dessa droga.
 Maciel, da 4ª Vara de Entorpecentes de Brasília, partiu do princípio de que a Lei de Drogas, de 2006, não listou quais entorpecentes são ilícitos e deixou para o Ministério da Saúde a competência para fazer isso. O magistrado considerou incompleta a portaria ministerial de 1998 que indica quais substâncias são consideradas entorpecentes, entre elas o tetraidrocarbinol (THC) da folha de maconha. Para ele, o ministério deveria justificar por que incluiu o princípio ativo da erva em seu rol.
O Ministério Público recorreu da sentença, que foi reformada pela Turma Criminal do TJ-DF. Segundo o relator do recurso, "as substâncias constantes da lista da Anvisa independem de motivação expressa, em razão de terem sido avaliadas e selecionadas por órgão técnico-científico, com capacidade para analisar quais causam dependência ou são prejudiciais à saúde humana. Levando-se em conta a necessidade de conhecimento específico para essa análise, não há como sustentar a ilegalidade da Portaria 344/1998, sabendo-se que a relação nela constante foi elaborada por peritos com a capacidade técnica exigida".
O Ministério Público denunciou o réu, Marcus Vinicius Pereira Borges, porque foi flagrado com 52 trouxas de maconha ao entrar no Complexo Penitenciário da Papuda, no DF, para fazer um visita a um detento. A substância estava no seu estômago. Ele é réu confesso.
Nesta quinta, o TJ-DF condenou Borges a 2 anos e 11 meses de detenção, em regime semi-aberto, e mais multa. A pena restritiva de liberdade não poderá ser convertida em restritiva de direito, conforme determina a Lei Antidrogas.

Fonte: O Estado de São Paulo

Bullying surge cada vez mais em idades precoces

O fenómeno do bullying (agressão reiterada) surge cada vez mais em idades precoces, em grupos de crianças ainda no pré-escolar, disse à agência Lusa a psicóloga Tânia Paias, que hoje lança um livro sobre o tema.

"Temos vindo a notar que cada vez mais estas situações acontecem em idades mais precoces, às vezes até já no pré-escolar podemos ter situações destas", afirmou a psicóloga, que em 2010 lançou o Portal do Bullying.
"Tenho Medo de ir à Escola", apresentado como um guia para pais e educadores, contém a experiência captada pela autora na prática clínica e no trabalho desenvolvido junto de escolas, onde tem realizado palestras.
A faixa etária mais atingida pelas agressões de pares é a dos 11 aos 13, apesar de haver frequentes situações em adolescentes de 15 anos.
"Temos de trabalhar muito a convivência nos jovens, que é ensinar-lhes a lidar com os outros", defende a psicóloga, para quem é importante ensinar às vítimas que têm o poder de alterar a situação, de dizer "não".
No caso de crianças, o trabalho passa por jogos em que sejam estimuladas a lidar com as emoções e a perceber o que as suas atitudes provocam nos outros.
"Se estivermos a falar de crianças em idade pré-escolar é trabalhar muito as emoções, mostrar-lhes que certo tipo de emoções, o que dizemos, tem consequências no outro", referiu.
O mesmo se passa ao nível do 1.º Ciclo. Os técnicos estão particularmente atentos à transição entre ciclos, momento em que as crianças ficam mais fragilizadas.
"Sabemos que há uma maior vulnerabilidade entre ciclos, as crianças vão sentir-se mais desprotegidas e é importante que saibam pedir ajuda, pedir auxílio a alguém, não deixar que o outro faça coisas que ela não quer ou seja, ensinar este jovem a não se subjugar à vontade do outro", explica.
No livro, Tânia Paias sugere dicas para identificar os sinais problemáticos e perceber se a criança ou jovem é vítima ou agressor, tanto em situações de bullying como de ciberbullying (ofensas ou ameaças pela Internet).
"Sabemos que nesta idade é sempre o grupo de pares, às vezes os jovens fazem tudo para se manter naquele grupo, mas temos de trabalhar com eles no sentido de manterem a sua própria vontade e isto faz-se aos pouquinhos", conta.
O livro, editado pela Esfera dos Livros, está dividido em sete capítulos, ao longo dos quais se explica o que o é o bullying e se partilham relatos e conselhos.
"Não será uma zanga entre colegas que se poderá conotar com bullying, não é uma brincadeira de mau gosto que fará com que estejamos perante o fenómeno, pois requer que haja premeditação e intimidação continuada (...) e sirva o propósito do outro", explica-se no livro.



Justiça confirma regressão de regime para apenado com monitoramento eletrônico


Porto Velho - Rondônia: No julgamento de agravo de execução penal, a 2ª Câmara Criminal do Tribunal de Justiça de Rondônia decidiu negar provimento ao recurso de apelação interposto pela defesa de apenado, que voltou ao regime fechado após falta grave. Ele cumpria pena sob monitoramento eletrônico (tornozeleira) e ausentou-se do itinerário cadastrado sem prévia comunicação, tampouco prestou esclarecimentos sobre o ocorrido.
Por conta dessa falta, a Vara de Execuções e Contravenções Penais de Porto Velho determinou a punição do apenado com a regressão do regime de cumprimento de pena. Essa decisão foi questionada no recurso levado a julgamento na 2ª Câmara Criminal do TJRO, na sessão do último dia 22/1. Mas os desembargares rechaçaram os argumentos apresentados e, seguindo voto do relator, desembargador Valdeci Castellar Citon, mantiveram a punição por unanimidade.


Processo: 0010862-90.2013.822.0000
Autor: TJ

Boletim informativo - Atualidades do Direito



 
...30 de janeiro de 2014

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Ao discutir o sistema penal em suas bases filosóficas, políticas e jurídicas, esta obra destroi vícios teóricos e práticos, para, em seguida, construir a teoria geral do garantismo como modelo ideal - um sistema normativo dotado de garantias que lhe tragam racionalidade. A partir dessa teoria são analisados os problemas fundamentais da pena, do delito e do processo penal, com base nos ideais morais que deveriam inspirar o Direito das nações civilizadas.
 

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Condenado injustamente, cristão é libertado após 31 anos de prisão e testemunha: “Coloquei meus problemas na mão de Deus”


Condenado injustamente, cristão é libertado após 31 anos de prisão e testemunha: “Coloquei meus problemas na mão de Deus”
Uma acusação injusta levou Lawrence McKinney a passar 31 anos preso por um crime que não cometeu, e agora, com as provas de sua inocência expostas à sociedade, o ex-presidiário quer compartilhar seu testemunho com o mundo.

Em 1978, Lawrence tinha 22 anos e foi condenado a 110 anos de prisão pelo Tribunal de Justiça da cidade de Shelby, no Tennesse, acusado de estupro. Outro homem, acusado do mesmo crime, também foi condenado.
Décadas depois, o homem que havia sido condenado juntamente com Lawrence, procurou a organização The Innocence Project, que se dedica a revisar casos de presos condenados injustamente, e corroborou as alegações de Lawrence de que ele era inocente.
Com a análise de DNA colhido nas provas do crime, foi comprovada a inocência do homem que havia sido privado da liberdade durante mais de três décadas, e ele foi solto. Apesar da injustiça, Lawrence afirma que não guarda rancor ou amargura por aquilo que foi feito a ele.
“Se você encontrar Jesus, Ele pode fazer as coisas que você precisa que Ele faça. Quando eu encontrei Jesus , eu coloquei todos os meus problemas em suas mãos”, afirmou Lawrence ao Christian Post.
Tentando recuperar o tempo perdido, Lawrence trabalha em três empregos, frequenta sete estudos bíblicos ministrados em duas igrejas e faz planos de tornar-se missionário. Planos que não foram postos prática porque, mesmo livre, sua ficha de antecedentes criminais não havia sido corrigida, e ainda constava a condenação. Isto o impediu de votar, conseguir um bom emprego e até o passaporte.
Uma emissora de TV soube do caso e passou a pressionar a promotoria de Memphis, cidade onde o crime foi cometido, para que a ficha de Lawrence fosse limpa. Depois de muitas tentativas, o problema foi resolvido.
“Foi feito em 15 segundos. Trinta e cinco anos de uma marca injusta na vida deste homem foram desfeitos em 15 segundos. Não houve tempo para sermão lá. Foi muito emocionante. Foi como foi libertar um membro da família”, contou o pastor John Hunn, líder da Igreja Batista Immanuel, onde Lawrence é membro.
Questionado qual seria o primeiro país para onde viajaria para testemunhar sobre sua vida, Lawrence disse não saber: “Isso não faz nenhuma diferença, contanto que eu possa espalhar a mensagem sobre Jesus Cristo”.
Por Tiago Chagas, para o Gospel+

quinta-feira, 30 de janeiro de 2014

Seminário-Debate: Os Direitos das Vítimas no Processo Crime | 20 Janeiro


Seminário-Debate: "Os Direitos das Vítimas no Processo Crime
20 Janeiro, 14h30 | Lisboa


A APAV vai promover, no dia 20 de Fevereiro, um Seminário-Debate sobre o tema "Os Direitos das Vítimas no Processo Crime". O evento, com início marcado para as 14h30, terá lugar nas instalações de sede da APAV (Rua José Estêvão 135-A, Lisboa).

O seminário-debate assinala o Dia Europeu da Vítima de Crime - celebrado a 22 de Fevereiro - e vai contar com a participação de Maria João Guia (Centro de Estudos Sociais / Universidade de Coimbra), Helena Gonçalves (Procuradoria-Geral da República) e Frederico Moyano Marques (APAV). Haverá ainda espaço para o debate, moderado por Marta Atalaya (jornalista).


A entrada é gratuita, limitada à lotação da sala.Confirme a sua presença através do formulário online:
Inscrição Seminário-Debate

Para mais informações: 21 358 79 28 | formacao@apav.pt


Prisões são 'universidades do crime', diz presidente da OAB

Confira reportagem publicada nesta qurta-feira (29) no portal G1, sobre a Ação Civil Pública proposta pela OAB em busca de solução para o quadro caótico do sistema carcerário brasileiro. A matéria é das repórteres Jade Bonna e Clarissa Carramilo.
O presidente do Conselho Federal da OAB, Marcus Vinicius Furtado Coêlho, disse, em reunião realizada na sede da seccional maranhense, nesta quarta-feira (29), em São Luís , que as penitenciárias brasileiras são 'universidades do crime' e que os presos são vítimas do sistema carcerário do país.
"Os presos são forçados a participar de facções criminosas para sobreviver nas prisões e estão junto de presos com diferentes naturezas de crimes. Eles são vítimas da situação carcerária brasileira. O sistema prisional é um instrumento de combate à criminalidade, mas, as penitenciárias de todo o país se tornaram universidades do crime", declarou. Coêlho anunciou ainda que a OAB Nacional vai melhorar o acompanhamento de cada uma das unidades prisionais do país.
"A Comissão Nacional de Acompanhamento Carcerário da OAB, composta hoje por um membro por estado, deve aumentar o número de participantes para acompanhar cada unidade prisional do país", explicou.
O Conselho Federal e a Comissão de Direitos Humanos da OAB Nacional se reuniram com representantes da OAB do Maranhão e de outros estados, além de membros dos poderes Executivo e Judiciário, em São Luís, para discutir a crise do sistema carcerário e da segurança pública do estado. A reunião aconteceu em sessão extraordinária realizada na sede da OAB-MA.  

Fonte: Conselho Federal

Mortes em assaltos a bancos cresceram 14% em 2013

Um total de 65 pessoas foram assassinadas em assaltos a bancos em 2013. O número equivale a uma média mensal de 5,4 vítimas e é 14% superior ao registrado em 2012, quando 57 pessoas foram mortas. O levantamento foi divulgado hoje (29) pela Confederação Nacional dos Trabalhadores do Ramo Financeiro (Contraf-CUT) e Confederação Nacional dos Vigilantes (CNTV).
São Paulo lidera o ranking de mortes, com 17 casos. Em segundo lugar está o Rio de Janeiro, 11 mortes. Os outros estados que lideraram a lista são Bahia (sete mortes), Ceará (seis), Minas Gerais (seis) e Rio Grande do Sul, que somou cinco casos.
A pesquisa mostra que as principais vítimas são os clientes. Em 2013, foram 36 mortes, 55% do total. Os outros assassinatos foram de vigilantes (dez, o equivalente a 15%), policiais (sete mortes, ou 10%) e transeuntes (cinco assassinatos, 7,6% do total).
A saidinha de banco, golpe em que há abordagem no interior das agências e o roubo é anunciado fora, provocou 32 mortes, equivalentes a 49% do total. O assalto a correspondentes bancários matou 14 pessoas (22%), figurando como o segundo crime mais comum em 2013. Os assaltos a agências tiraram a vida de oito pessoas, o equivalente a 12% das mortes.
O levantamento apontou a faixa etária e o sexo das vítimas. A idade de 31 a 40 anos é a mais visada, com 16 mortes (25%). Em seguida, vêm os idosos com mais de 60 anos, com 14 assassinatos (21%). Houve 11 mortes na faixa de 41 a 50 anos (17%). Os homens foram vítimas 60 vezes, o que dá 92,3% dos casos. Também foram assassinadas cinco mulheres, ou 7,7% do total.
Para o presidente da Contraf-CUT, Carlos Cordeiro, as mortes mostram a fragilidade da segurança pública e a necessidade de investimentos por parte dos bancos. José Boaventura Santos, presidente da CNTV, defendeu atualização da Lei Federal n° 7.102/83, que trata da segurança em estabelecimentos financeiros. Ele deseja também a aprovação do Projeto de Estatuto de Segurança Privada, que é discutido no Ministério do Justiça.

Fonte: Agência Brasil

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